Columbus (2017)


L’architetto coreano è colto da un infarto durante la visita-studio nella città emblema del modernismo americano. Il figlio vive la degenza del padre, che non ha mai sopportato, nel sentimento della fuga. Lo condivide con una studentessa che vuole uscire dal labirinto di quell’architettura.

CASEY – JIN
“Il design di Saarinen è asimmetrico… ma rimane sempre equilibrato.”


“Mi chiamo Casey. In realtà è Cassandra, ma tutti mi chiamano Casey.” Jin. “Jim?” Jin… con la N.


“Sì, ho sentito che questa città è come La Mecca. Sono certo che qui sono tutti fanatici di architettura, eh?” Stai scherzando? “No, la maggior parte delle persone non ne ha proprio idea. Cioè, sanno alcune cose… ma non gliele frega niente.” È vero? “Sì, saresti sorpreso di quanta poca gente sa o si interessa di architettura qui.” Forse no. Cosa intendi? Non so niente di architettura, nè mi importa. “Non ti credo.” È vero. Sono come tutti gli altri qui. Cresci attorno a qualcosa, e sembra che sia niente. Beh, non mi è mai piaciuta.


“Pensavo odiassi l’architettura.” È così. Ma mi interessa cosa ti colpisce in particolare di un edificio.


“Polshek aveva questa idea dell’architettura come una specie di arte curativa, che aveva il potere di rigenerare, e che gli architetti dovevano essere responsabili. Comunque, tutti i particolari di questo edificio sono consapevoli di quella responsabilità, specialmente da quando fu una struttura per malati mentali. Doveva essere letteralmente e metaforicamente… un ponte. Polshek aveva la stessa idea per la biblioteca Clinton. Tuo padre ti ha detto tutto questo?” No. Penso stesse pensando di scrivere qualcosa su Polshek, ma poi scoprì che stava scrivendo un suo libro. Si seppe recentemente. “L’hai letto?” Una parte, la parte su questo… edificio. “E non ti interessa l’architettura?” L’ho scremato, era nella stanza di mio padre quando sono arrivato. “Aspetta, allora… hai letto di recente di questo edificio?” Sì, è importante? “No, immagino di no. Sei divertente.”

Quell’architettura ha il potere “di guarire”. È un… sogno che gli architetti amano raccontarsi. O a persone come mio padre. Persone che sono interessate all’architettura, sai?

Davvero? Vuoi diventare un architetto? “Non penso. Non ci ho mai pensato finché non lo disse lei.” (Deborah Berke)

Avresti amato Eleanor, comunque… ti somigliava molto quando era più giovane. “Sì? Come mai?” Sai, una… una secchiona in architettura. “È questo che sono?” Sì. “Davvero? Senza dubbio. Continua.” Beh… Eleanor mi stava dicendo delle… ultime ricerche di mio padre. Stava scrivendo qualcosa sulle chiese di Saarinen. “Davvero? Tipo cosa?” Non sono proprio sicuro. Qualcosa sul paradosso… del modernismo e della religione. “È interessante. Immagino di sì.”

“E tuo padre? Crede in qualcosa?” Lui crede nel… modernismo… il modernismo con l’anima. “Mi piace.” Non so cosa significhi, ma lo diceva sempre. Qualcosa su una possibilità alternativa.

Jae Yong Lee
Color palette


Il Labirinto del Moderno

“Beato chi, come Teseo potrà uscire dal suo labirinto personale una volta per sempre. Ma la vicenda dell’uomo a cui non arride tanto favore degli dei è più grave, quindi il suo errare sarà lungo quanto la vita. Eppure, l’aver raggiunto la camera segreta anche una sola volta (…) modificherà la sua coscienza per sempre (…).” (Paolo Santarcangeli, Il libro dei labirinti. Storia di un mito e di un simbolo)

“Nel simbolo del labirinto si manifesta il modo con cui, nelle varie epoche, l’uomo ha rappresentato a se stesso il proprio destino, sempre restando fermo, tuttavia, un concetto-guida essenziale: la consapevolezza che noi potremo sempre raggiungere la libertà del nostro animo: ora per mezzo della fede ed ora con la conoscenza o magari soltanto con la perseveranza che opponiamo al destino; e questo anche se la via sarà lunga, anche se l’ideale di una via breve e chiara e dritta resterà, purtroppo, un sogno non attuabile, una speranza vana.” (Paolo Santarcangeli, Il libro dei labirinti. Storia di un mito e di un simbolo)

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