Lullaby to My Father (2012)


Ninnananna per mio padre. Munio Weinraub (Ran Danker) è l’architetto israeliano della Bauhaus che deve fuggire dalla Germania nazista per approdare in Israele e cominciare ad applicare i principi dell’“abitare felice”.

Munio Weinraub (Ran Danker)


Il Labirinto della Storia

Dessau – Sassonia 51,5003° N, 12,1446° E

“Per un istante temei che Richard Madden avesse penetrato il mio disperato proposito. Ma subito compresi che non era possibile. Il consiglio di voltare sempre a sinistra mi rammentò che era questo il procedimento comune per scoprire la radura centrale di certi labirinti. M’intendo un poco di labirinti: non invano sono bisnipote di quel Ts’ui Pen che fu governatore dello Yunnan e che rinunziò al potere temporale per scrivere un romanzo che fosse ancor più popoloso del Hung Lu Meng, e per costruire un labirinto in cui ogni uomo si perdesse. Tredici anni dedicò a queste eterogenee fatiche, ma la mano d’uno straniero lo assassinò e il suo romanzo era insensato e nessuno trovò il labirinto. Sotto alberi inglesi meditai su quel labirinto perduto: lo immaginai inviolato e perfetto sulla cima segreta d’una montagna; lo immaginai subacqueo, cancellato dalle risaie; lo immaginai infine, non già di chioschi ottagonali e di sentieri che voltano, ma di fiumi e di province e di regni. […] Pensai a un labirinto di labirinti, a un labirinto sinuoso e crescente che abbracciasse il passato e l’avvenire, e che implicasse in qualche modo anche gli astri. Assorto in queste immagini illusorie, dimenticai il mio destino d’uomo inseguito.” (Jorge Luis Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano, in Finzioni)

“La notte, il mio delirio s’alimentava di questa metafora: sentivo che il mondo è un labirinto dal quale è impossibile fuggire, poiché tutte le strade, anche se fingevano di portare a nord o a sud, portavano realmente a Roma, che era anche il carcere rettangolare in cui agonizzava mio fratello. […] In quelle notti, giurai sul dio che vede con due volti e su tutti gli dei della febbre e degli specchi, di tessere un labirinto intorno all’uomo che aveva incarcerato mio fratello. L’ho tessuto, ed è solido: la materia me l’hanno data un eresiologo morto, una bussola, una setta del secolo XVII, una parola greca, un pugnale, le losanghe d’una coloreria.” (Jorge Luis Borges, La morte e la bussola, in Finzioni).

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